Storia e Territorio

Il popolo sabino, giunto dalle coste adriatiche, si stanziò intorno al secolo X-IX a.c. nella regione laziale a Nord Est di Roma, in centri quali: Reate (Rieti), Amiternum (presso l’Aquila), Nursia (Norcia), Fidenae, Cures, Nomentum (Mentana). Numerosi sono i riferimenti nella tradizione storica della partecipazione sabina alla fondazione di Roma, quale l’episodio famoso del ratto delle sabine, parzialmente confermato da elementi linguistici, per i quali non è possibile dubitare della partecipazione dei sabini al sinecismo iniziale di Roma. Nel 290 a.c. Curio Dentato conquistò tutto il territorio sabino, riducendo la popolazione a cives sine suffragio, fino a quando nel 268 a.c. ottennero piena cittadinanza essendo gradualmente assorbiti dallo stato romano. Allo stesso console romano si deve, alcuni anni dopo, il primo prosciugamento della paludosa piana reatina con l’apertura della “cava curiana” che dette luogo alla “Cascata delle Marmore”.

Dopo un forte terremoto nel 174 a.c., il sorgere di numerose ville romane nella Sabina testimoniano un cambiamento nella riorganizzazione del territorio e dell’agricoltura. Furono chiamate villae rusticae, come ad esempio “i Casoni”, una villa romana attribuita a Varrone, sorta vicino all’odierno Poggio Mirteto. Intorno al II secolo a.c., il propagarsi del cristianesimo fu marcato da una serie di segni importanti: catacombe, chiese, cappelle. Testimonianze di ciò nella Sabina si ritrovano nelle rovine dell’antico municipio romano di Forum Novum, in località Vescovio, nel territorio di Torri in Sabina, costruito all’incrocio di due strade secondarie che collegavano il nuovo centro con la via Flaminia e la via Salaria.

Di particolare interesse è anche la cattedrale edificata nelle vicinanze del Forum risalente allo stesso periodo di costruzione di questo. Notevole è il ciclo pittorico realizzato che scandisce i muri laterali. Sulla parte destra sono raffigurate scene dell’antico testamento, alcune delle quali divenute oggi quasi illeggibili. Sulla parete sinistra sono invece rappresentati momenti del nuovo testamento. L’interno, ad una sola navata, non è stato stravolto da rifacimenti in età moderna per la perdita di importanza della stessa sede diocesana traslata a Magliano Sabina.

Livio e Dionigi d’Alicarnasso ricordano, nel periodo regio e repubblicano, guerre tra sabini e romani, fino a quando, nel 449, Roma riportando una vittoria definitiva, occupò Cures, Nomentum e Fidenae.

In età longobarda, la Sabina fu invece divisa tra i ducati di Roma e Spoleto. Risale al VI secolo, con il diffondersi del cristianesimo e del monachesimo, la fondazione dell’Abbazia di Farfa la quale, insieme ai contigui edifici monastici, furono completamente distrutti dall’invasione longobarda. Sotto l’abate Ugo I° l’abbazia attraversò un fulgido periodo storico protetta dai Carolingi, in primis da Carlo Magno. Intorno all’abbazia, in virtù dell’opera dei monaci seguaci della regola di S. Benedetto, si sviluppò un borgo attivo di artigiani e di contadini in modo da vendere i loro prodotti nelle frequenti fiere che si svolgevano a Roma.

Nel XII secolo la Sabina, con il declino del potere dell’Abbazia e il continuo affermarsi del dominio dello Stato pontificio, vide potenti famiglie feudatarie quali i Savelli, gli Orsini e i Colonna insediarsi in questa zona. Nel 1861 venne unificata all’Umbria e soltanto nel 1923 fu nuovamente aggregata al Lazio, costituendo poi, nel 1927 gran parte della nuova provincia di Rieti.

La Bassa Sabina

A circa 40 kilometri nord-est di Roma, la zona chiamata Sabina si estende dalla riva del Tevere verso i monti Sabini, che fanno parte della catena degli Appennini. Il paesaggio è fatto di colline coperte di olive, che salgono verso montagne più ripide, con boschi estesi di querce e, dappertutto, dei piccoli borghi medioevali, castelli e monasteri. E’ un paesaggio rimasto sostanzialmente immutato nel tempo e poco toccato dallo sviluppo edile moderno.

La Sabina è stata abitata e coltivata da millenni; resti archeologici dimostrano che la zona è stata usata nei tempi dei Romani per produrre cibo per la capitale, trasportandolo per il fiume. Strabone, scrivendo nel primo secolo a.c., descrive il paesaggio della Sabina composto di oliveti, vigneti e boschi di querce. E’ incredibile quanto questo sia ancora vero nel paesaggio odierno della Sabina. Il paesaggio e stato fortemente influenzato, persino creato, dall’ attività degli esseri umani, ma è stato un processo durato secoli, durante il quale le pratiche agricole sono rimaste pressoché quelle di sempre, raggiungendo un equilibrio naturale. Questo può essere spiegato dalla topografia collinosa della zona, che rende l’agricoltura intensiva impraticabile, mentre favorisce la produzione dell’olio d’oliva.

La geografia ha avuto un influenza profonda sullo sviluppo e la storia della zona. Il numero e la densità degli insediamenti medioevali mostrano che la zona era ben popolata, in un periodo in qui in generale la popolazione in Europa era in declino. Ci sono varie ragioni per questo. Il fattore più importante per scegliere il sito di un insediamento medioevale era la difesa e la Sabina era piena di siti ideali, su speroni o picchi delle colline, per la costruzione di borghi murati, facilmente difendibili. Infatti, guardando i nomi dei paesi locali si vede che le parole ‘monte’ e ‘poggio’ compaiano spesso. Un’ altra ragione era il clima, le colline della Sabina sono esposte al sud e riparate dal vento di tramontana dalle montagne alle spalle, così la zona è più calda rispetto ad altre più al interno della penisola. Questi fattori, uniti all’abbondanza di acqua, rendevano l’agricoltura più facile e redditizia, contribuivano alla prosperità della zona e permettevano di mantenere una popolazione alta. Anche i boschi erano parte importante dell’economia locale. Il clima influenzava anche la scelta dei siti più alti per gli insediamenti, cosi evitavano le nebbie che si formano a fondovalle durante l’inverno, e rimanevano freschi e ben ventilati d’estate. Infatti a fondovalle è raro trovare costruzioni vecchie più di un secolo.

Oggi le priorità della gente stanno cambiando e questa tendenza si sta capovolgendo. Non esistono strade percorribili ad alta velocità nella zona e negli anni recenti questo ha contribuito alla spopolazione dei paesi di alta quota: moltissimi hanno una popolazione di solo due o tre cento persone. Molte persone invece si sono trasferite nei fondovalli e nelle parti più basse della zona per essere più vicini ai collegamenti stradali e ferroviari, incluse persone che vanno a lavorare a Roma, ed è qui che è stato concentrato lo sviluppo edile moderno lasciando intatti, seppure vuoti, i vecchi centri storici. E da augurare che uno sviluppo turistico responsabile, l’importanza sempre maggiore delle telecomunicazioni e la fierezza e determinazione dei loro abitanti, possa salvare questi paesi più remoti dall’abbandono totale nel futuro.

[Fonte Sabina.it]